E’ finalmente disponibile (SCARICALO QUI) l’ultimo studio dell’Associazione Laureati Vercelli-Biella sul bilancio dell’azienda risicola, secondo il quale l’attuale prezzo medio del risone, pari a 305 €/tonnellata non riesce a coprire i costi di un’azienda da 300 ettari a prescindere dalla scelta delle varietà seminate. Farà discutere. E’ stato presentato oggi a Caresanablot, in occasione del convegno inaugurale della 40° Fiera in Campo. Secondo lo studio al momento della stesura ( metà Gennaio) raggiungevano la copertura dei costi solo le aziende di 300 ettari che hanno coltivato Arborio-Carnaroli e Lungo B. Coi ribassi avvenuti nel frattempo per Arborio e Carnaroli è rimasta oggi solo la bandiera del Lungo B. E’ probabile che la riduzione dei prezzi nel medio periodo accentui il divario competitivo tra grandi e piccoli.
A parte i coltivatori part-time e coloro che riusciranno a presidiare nicchie di mercato, l’azienda risicola di 150 ettari recupererà redditività solo crescendo e quelle oltre i 200 ettari saranno competitive solo se le varietà più produttive (oltre 7,5 tonnellate/ettaro) verranno pagate almeno 305 €/tonnellata, che diventeranno 330 con la riduzione del contributo europeo, cioè nel 2019. I prezzi minimi richiesti invece per le varietà tradizionali, con produzioni di 5,6 tonnellate/ettaro, varieranno secondo lo studio da 405 a 430 €/tonnellata. Le aziende da 50 ettari, per sopravvivere, dovranno percepire prezzi superiori del 20-25% rispetto a quelli richiesti dalle grandi aziende. Ciò significa che oltre l’80% delle aziende risicole italiane si troverà in grosse difficoltà nei prossimi mesi, senza neppure poter intervenire sui costi, perché il differenziale di 488 €/ha tra l’azienda di 300 e quella di 50 ettari deriva, in ordine decrescente, da salari e contributi, costi di meccanizzazione, interessi passivi e noleggio macchine, mentre i valori dei fattori tecnici, strettamente legati alla coltivazione, risentono meno delle economia di scala.
Lo studio vercellese si conclude con una serie di proposte, tra cui quella di diffondere le nuove tecnologie di Agricoltura di Precisione, illustrate dal prof. Massimo Lazzari dell’Università di Milano,in grado di razionalizzare l’utilizzo dei fattori tecnici (fertilizzanti, fitofarmaci) e di incrementare le produzioni unitarie, (il modello è il Rice Check australiano) ma è segnato dal pessimismo. Senza la differenziazione della nostra produzione da quelle d’importazione, fatta evidenziando le differenze qualitative, la partita sarà comunque persa. Antonio Finassi, presidente dell’associazione, che è stato premiato a Caresanablot questa mattina in quanto “tessera n°1” dell’Associazione, commenta i dati nell’introduzione, consigliando ai risicoltori di adeguarsi rapidamente alla realtà che cambia, perché «se il ghiaccio su cui pattiniamo è sottile la velocità è la nostra salvezza».