Domattina si riunirà per la prima volta il Tavolo del riso al Ministero delle politiche agricole e Confagricoltura si presenterà con due ipotesi su cui lavorare per uscire dalla crisi: dirottare l’aiuto accoppiato, pari a circa 100 euro ad ettato, interamente sull’indica, a patto che l’industria fissi un prezzo minimo per questa tipologia, oppure legare l’assegnazione dell’aiuto – che resterebbe genericamente assegnato alla scelta di seminare riso – alla coltivazione di una percentuale di riso indica, ancora da definire esattamente, ma che potrebbe aggirarsi intorno al 25%. L’obiettivo è rilanciare il riso da esportazione ma soprattutto evitare che i risicoltori, a causa dei bassissimi prezzi dell’indica, si riversino sulle varietà da interno, scompensando quel mercato, dove si creerebbe inevitabilmente un surplus produttivo. Una strategia che “corregge” il piano Coldiretti-Airi (leggi l’articolo QUI) e che ci viene illustrata in quest’intervista esclusiva dal presidente di Confagricoltura Mario Guidi (foto piccola), che domani sarà al Tavolo insieme ai rappresentanti di Airi, Coldiretti e Cia, oltre all’Ente Risi e al viceministro Olivero, accompagnato dai dirigenti del Mipaaf e dal capo della segreteria del ministro Martina, Angelo Zucchi.
Partiamo dalla vostra proposta. Cosa fare per salvare la produzione di indica in Italia?
Noi risicoltori italiani ci rendiamo conto – con grande preoccupazione – che il sistema della risicoltura rischia una crisi analoga a quella del latte, con uno squilibrio strutturale tra domanda e offerta, e non vogliiamo che avvenga. Il problema, in quest’ottica, non è più solo quello di salvare l’indica, come abbiamo tentato di fare in questi anni, ma evitare il contagio, cioè evitare che la crisi travolga anche il riso japonica, per effetto di una sovraproduzione.
Abbiamo anticipato nei giorni scorsi che, diversamente da Coldiretti e Airi, voi non vorreste spostare l’aiuto accoppiato interamente sull’indica. E’ così?
Non siamo contrari a quella proposta, a patto che l’industria metta nero su bianco un prezzo minimo, un meccanismo che garantisca la condivisione del sacrificio: noi agricoltori siamo disponibili a spostare l’aiuto ma senza paletti si rischia di veder scontare il premio all’indica in poche sedute di borsa. Avremmo dissanguato i risicoltori, premiando gli industriali, ma l’indica continuerebbe a essere non remunerativo e la fuga verso lo japonica proseguirebbe.
Quindi proponete di vincolare l’aiuto senza spostarlo…
Si tratta della condivisione di un progetto fra tutti i risicoltori per riequilibrare domanda ed offerta. Avremmo probabilmente anche maggior ascolto in sede UE rispetto alle importazioni.
Pensate a una quota 25% escludendo le aziende sotto i 10 ettari?
Questo lo dice lei, noi ci rimettiamo alle indicazioni tecniche dell’Ente Risi.
Che, stando al collegato agricolo, potrebbe essere riformato…
Possiamo lavorare perché questa riforma consenta all’Ente di fare cose che ora non può fare e i risicoltori italiani hanno bisogno di strumenti moderni per perseguire politiche di mercato al passo con i tempi.
Lo accorperanno ad altri enti?
Noi questo non lo vogliamo.
Però ha un bel tesoretto…
Se si riferisce ai milioni di euro di diritto di contratto accumulati nelle casse dell’Ente – che ora sono bloccati dalla legge di Stabilità ma che stiamo lavorando per sbloccare -, nessuno dimentichi che quelli sono soldi della filiera e che vanno usati per promuovere il riso italiano, la ricerca, l’assistenza tecnica…